L’inquinamento ambientale è un’ emergenza vissuta sulla pelle di tutti e abbondantemente discussa dai media e dalla politica, anche se le misure per contrastarlo sono ancora imperdonabilmente in ritardo, o ancor peggio rimandate. Si parla di Antropocene: l’attuale era geologica, durante la quale le attività dell’uomo hanno dirette conseguenze sul clima e sulla vita del nostro pianeta. Questo non è un problema ma rappresenta IL problema e occorre che ognuno faccia la propria parte per scongiurarne le conseguenze. La tragica situazione che la Terra sta vivendo non ha una sola causa perciò la soluzione deve scaturire dalla somma di più azioni da parte di tutti: cittadini, economia e politica. E a livello individuale è necessario fare uno sforzo comune per modificare alcune delle nostre abitudini. In riferimento a quelle alimentari occorre sapere, per esempio, che il consumo di carne contribuisce pesantemente alla produzione di gas ad effetto serra. In particolare, gli allevamenti intensivi sono in crescita esponenziale, per soddisfare la domanda di una popolazione mondiale di circa 7 miliardi di persone ( eravamo circa la metà solamente negli anni ’80!) che cresce al ritmo di 80 milioni all’anno. E’ facile intuire che, se la maggioranza di loro consumano carne, la situazione diventa insostenibile. La produzione di mangimi, i processi digestivi degli animali, la decomposizione del letame e il trasporto di bestiame rappresentano insieme una delle principali cause dell’aumento di CO2 nell’atmosfera. Per essere precisi, la produzione di carne, ai valori attuali, contribuisce per il 14,5% all’aumento dei gas serra, più di tutte le automobili e il sistema dei trasporti messi insieme. Le decine di miliardi di animali allevati, oltre a produrre enormi quantità di metano, consumano volumi d’acqua impressionanti: per produrre un chilo di carne , considerando tutta la filiera, occorrono ben 15.000 litri di acqua! Inoltre per la produzione di mangimi occorrono sempre più spazi per la coltivazione di mais e altri prodotti agricoli – dove pesticidi e altre sostanze chimiche di sintesi vengono utilizzate abbondantemente , con conseguente inquinamento delle falde acquifere – e questo comporta un costante disboscamento. Se tutto questo non dovesse bastare, esiste anche un pericolo dovuto alla trasmissione di virus e altri agenti patogeni. Pensiamo allora a quali effetti positivi andremmo incontro se mangiassimo solamente la metà della quantità di carne attualmente consumata in tutto il pianeta. Escludendo i precetti alimentari imposti da alcune religioni, anche a tavola vige il libero arbitrio , ma la libertà di scelta ha poco valore senza consapevolezza, e ne ha ancor meno se condiziona negativamente il futuro delle prossime generazioni. Porsi qualche domanda prima di inghiottire un boccone di cibo significherebbe fare un salto evolutivo importante; prendere coscienza della realtà ci darebbe la spinta per dirigere il mondo in una direzione diversa da quella che porta a superare i limiti della sostenibilità. Prediligere le proteine vegetali, limitando quelle di origine animale, in termini di gusto non è una scelta poi così privante, e la nostra salute e quella dell’ambiente ci guadagnerebbero molto.